CRIMINOLOGIA, PSICHIATRIA, SOLITUDINE

Ma la follia assassina colpisce quasi sempre chi vive più vicino

“Non credo che ci siano più delitti in famiglia che in passato. Solo che questo tipo di delitti ci fanno più impressione di altri perché ci siamo costruiti un’idea di famiglia come luogo sicuro per eccellenza: con una sorta di meccanismo di autodifesa psicologica la continuiamo a percepire come un ambiente che assicura protezione quando invece, in determinate situazioni, può essere esattamente l’opposto”. A parlare così commentando l’ennesimo terribile delitto in famiglia maturato a Monza nel giro di poco più di un mese, è Gianluca Camozzi, psichiatra, dirigente medico dell’Istituto Corberi di Limbiate, con specializzazione in criminologia.

“Noi abbiamo un bisogno quasi istintivo e fondamentale di considerare la famiglia come un luogo ideale e protettivo e in effetti nella maggior parte dei casi è così, però bisogna pensare che la famiglia è anche un luogo chiuso e ristretto in cui i conflitti rischiano di amplificarsi perché non c’è la via di fuga. La gran parte dei delitti e in particolare degli omicidi, viene commessa nei confronti di persone conosciute e molto spesso riconducibili all’ambito famigliare, sia esso ristretto o allargato, persone dalle quali in fondo non ci si riesce ad allontanare. Mentre in caso di conflitto con una persona distante si può decidere di troncare ogni rapporto, finendo magari per non vedersi più per tutta la vita, nel caso di conflitti famigliari il rischio che questi degenerino è molto più elevato perché si è sostanzialmente costretti a frequentarsi, c’è addirittura la convivenza forzata (per esempio tra coniugi o tra genitori e figli) ci sono forti sovrapposizioni di interessi che possono portare alla disperazione e quindi al gesto disperato.

Si tratta spesso in questi casi di delitti che arrivano al termine di un lungo percorso di sofferenza che certo non si esaurisce nel delitto, anzi. Non a caso si assiste frequentemente a episodi di omicidio-suicidio. Anche quando il suicidio dell’assassino non si compie per, questi non fa assolutamente nulla per occultare il suo gesto, non cerca di farla franca ma al contrario cerca, se possibile, di rendere noto l’episodio e la sua responsabilità, a cui segue una disperazione ancora più profonda.



PURTROPPO oggi mancano i punti di riferimento in grado di ascoltare questa disperazione per prevenire episodi tragici.

Oggi chi vive una situazione disperata in famiglia non sa a chi rivolgersi. Un tempo forse, in una società fortemente più semplice di quella attuale, esistevano delle figure di riferimento, vuoi i vecchi saggi del villaggio, gli anziani del cortile, vuoi il parroco o il maresciallo dei carabinieri: oggi chi è disperato al punto di sentire il desiderio di ammazzare il coniuge o il figlio non ha più nessuno a cui dirlo, e così finisce per farlo sapere solo a tragedia compiuta.

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Gianluca Camozzi

Psichiatra, Psicoterapeuta, Criminologo, Medico dello Sport